martedì 6 novembre 2018

Giordano Bruno

Giordano Bruno nasce a Nola nel 1548. Lui è testimone di amore per la natura che rappresenta il sentimento universale del Rinascimento.

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Giodano Bruno afferma che l'universo è uno spazio infinito, costituito da infiniti mondi. Tale concezione si fonda sull'assunto che l'universo abbia una causa e un principio primo infinito, la mente sopra di tutto (mens super omnia) che si identifica con Dio stesso, da questo non può che derivare un effetto infinito, cioè un cosmo che abbia le caratteristiche dell'infinità.

Ha una visione panteista in cui Dio coincide con la natura nella sua totalità e creatività senza limite.➦ L'universo è concepito come un grande essere animato e infinito, di tutti gli enti, compresi gli uomini, non solo che singole manifestazioni. In tutto esso è al centro e periferia al tempo spesso e ogni stella può essere un sole al centro di altri universi.

L'uomo in quanto partecipe dell'ordine dell'universo, può impadronirsi delle sue leggi e conquistarne i segreti.

Giordano Bruno celebra inoltre la tecnica e lo spirito d'iniziativa dell'uomo. A questo proposito, il filosofo individua la differenza specifica dell'uomo rispetto agli animali nel possesso del'intelletto e della mano. 

Quest'ultima rappresenta per Bruno uno strumento che consente di ottenere una conoscenza piena infatti secondo lui la capacità pratica e quella intellettiva non sono in contraddizione l'una con l'altra, ma risultano entrambe fondamentali per la comprensione e la trasformazione delle cose in vista del progresso tecnico e scientifico.



lunedì 5 novembre 2018

Bacone

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Francesco Bacone nasce a Londra nel 1561.

Secondo Bacone la scienza non ha soltanto carattere conoscitivo ma anche e sopratutto pratico: essa può contribuire a creare migliori condizioni di vita per gli uomini.

La critica di Bacone si rivolge contro i seguaci di Aristotele, accusati di scarso vigore teorico e di dipendenza nei confronti di una visione ormai superata. In particolare Bacone ritiene che occorra liberare la conoscenza da quattro gravi pregiudizi (ìdola):

1. idoli della tribù, che appartengono all'intero genere umano in quanto dipendono da vere e proprie disposizioni naturali;

2. idoli della spelonca, ossia i pregiudizi che derivavano dall'educazione, dalla famiglia, dal carattere personale;

3. idola della piazza, prodotti dal linguaggio e dal uso ambiguo e impreciso;

4.idola del teatro, cioè i pregiudizi che derivano dalle diverse dottrine filosofiche.

Bacone afferma innanzitutto che l'uomo deve avere come suo compito precipuo quello di interpretare la natura e le leggi. A tal fine, egli identifica il metodo più opportuno nell'induzione.

Bacone invita a utilizzare delle "tavole", cui consistono nel predisporre, ordinare e catalogare il materiale empirico.

1. tavole della presenza;

2. tavole dell'assenza;

3. tavole delle comparazioni.


Nella sua opera, la Nuova Atlantide, Bacone delinea una società utopica, cui gli scienziati detengono il potere politico e promuovono il benessere dei cittadini, operando in piena e perfetta collaborazione con l'unico intento di fare scoperte utili per l'umanità.
Quella tratteggiata da Bacone nella sua utopia è una società giusta e pacifica perché, grazie all'impiego della scienza e della tecnica, ha sconfitto la superstizione, l'ignoranza, la violenza e l'oscurantismo


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Galilei

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Galileo Galilei nasce a Pisa nel febbraio del 1564 ed è uno dei protagonisti indiscussi della rivoluzione scientifica.

Il metodo scientifico di Galilei è caratterizzato da due elementi fondamentali

1-l'osservazione rigorosa dei fenomeni naturali 

Il filosofo parla in questo caso di sensate esperienze, ossia di esperienze compiute mediante i sensi, che rappresentano il momento induttivo della scienza;

2-l'uso delle ipotesi e del calcolo matematico

Il filosofo qui identifica con le <<necessarie dimostrazioni>>, si tratta delle ipotesi elaborate mediante un procedimento di deduzione logico-matematico, che hanno compito di prospettare in maniera teorica la soluzione dei problemi fisici, riuscendo a spingere l'indagine oltre il terreno dei fenomeni osservabili.

Un ulteriore momento del metodo scientifico è costituito del cimento, cioè la verifica sperimentale delle intuizioni delle ipotesi.

Il metodo galileiano si basa su un presupposto teorico di fondo: la struttura matematica del cosmo. Da questa visione consegue l'idea che occorre spogliare lo studio della natura di ogni considerazione di carattere qualitativo e soggettivo (le qualità soggettive), per cogliere soltanto i rapporti quantitativi (le qualità oggettive).

Alla base del nuovo metodo galileano c'è una serrata critica al "principio di autorità", ossia all'abitudine di richiamarsi all'autorità della Chiesa e della tradizione.

Il sapere tradizionale è accusato da Galileo di "essenzialismo" e "finalismo":

essenzialismo perché ricerca senza dei fenomeni naturali
finalismo perché considera le parti che compongono la natura fisica come orientate all'utilità dell'uomo.

Secondo Galileo tra ragione e rivelazione non c'è conflitto, ma separazione di competenze, in quanto esse riguardano due ambiti differenti, con due linguaggi diverse, anche se riconducibili all'unico disegno del creato.











Montaigne


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Nel pensiero di Montaigne si delinea la nuova immagine dell'uomo. La sua riflessone si caratterizza per una disincantata consapevolezza della fragilità della condizione umana e per una ricerca di una terapia in grado di curare la "malattia" dell'individuo.

Nella sua indagine Montaigne si rilaccia al mondo classico, rivelandosi, uno fra gli eredi più illustri del Rinascimento europeo.

Montaigne è autore di una grande opera di carattere autobiografico, I Saggi in cui dipende se stesso assumendo a oggetto e materia del libro la propria anima.


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Il pensiero di Montaigne può essere diviso in: critica all'antropocentrismo, posizione relativista, scetticismo, epicureismo e il rapporto che l'uomo ha con la morte.

Secondo Montaigne la malattia dell'uomo moderno è determinata dalla presunzione che egli possiede, benché si tratti di un essere incentro e dubbioso, volubile e incostante: una creatura fragile e piana di difetti, che soltanto uno stolto potrebbe ritenere il centro del cosmo e il fine dell'universo (critica all'antropocentrismo).

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Da tutte queste considerazioni discende una posizione di relativismo anche culturale, secondo la quale tutte le civiltà sono uguali e di pari valore. 
In un'epoca in cui l'Europa, attraverso le scoperte geografiche, viene a contatto con le popolazioni dell'America, dai più ritenute selvagge, Montaigne mette in guardia gli europei contro i pregiudizi, inaugurando il mito del "buon selvaggio, secondo quali le popolazioni cosiddette "barbare" sono in realtà più genuine e positive di quelle "civilizzate".

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Dallo studio attento della storia e degli uomini Montaigne ricava una lezione fondamentale, riconducibile a un moderato e umile scetticismo. Come non esiste una civiltà superiore alle altre, così è vano affannarsi nel dimostrare che un'idea sia migliore di un'altra: la conoscenza è frutto di abitudine e non esistono criteri verità in assoluti.

Anche per quanto riguarda la morale, Montaigne sostiene una posizione moderata, che rifugge da ogni estremismo e lo avvicina all'epicureismo diffuso nella cultura a lui contemporanea. Montaigne sostiene che il piacere va sì ricercato, ma senza eccessi, senza oltrepassare la giusta misura, per non incorrere in conseguenze dannose.

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Egli poi riprende dai suoi autori preferiti (Plutarco, Seneca e Cicerone) l'idea secondo cui l'uomo non deve temere la morte.
A tal fine sostiene che è bene prepararsi per tempo a questo evento ineludibile, educando l'animo e acquistando così quella salute spirituale che consiste nell'equilibrio interiore e in una serena accettazione della condizione umana.