mercoledì 20 febbraio 2019

Hobbes



Thomas Hobbes nasce a Westport in Inghilterra il 5 aprile 1588.

Hobbes è una delle personalità più singolari del pensiero moderno e una figura ancora oggi più significativa per la radicalità delle posizioni teoriche.


La prospettiva materialistica
Hobbes elabora una visione materialistica dell’universo e dell’uomo, in base ai quali i corpi sono l’unica realtà è il movimento l’unico principio di spiegazione dei fenomeni naturali. Da questi due fattori derivano le immagini delle cose a cui sono attribuiti i nomi che vengono connessi nei ragionamenti.

L’intelletto per Hobbes ha in funzione computazionale-> appunto collega i nomi attribuiti convenzionalmente alle immagini delle cose grazie al linguaggio, il quale a sua volta svolge il duplice compito di memorizzazione e di comunicazione.

Nella prospettiva materialistica hobbesiana anche i concetti di bene e di male sono riconducibili alla corporeità, identificandosi rispettivamente con ciò che favorisce o danneggia la conservazione fisica dell’uomo.



La teoria dell’assolutismo
Le condizioni del benessere della società risiedono per Hobbes nella costituzione di potere assoluto in grado di regolare e disciplinare gli istinti negativi degli uomini, per natura caratterizzati da tendenze aggressive ed egoistiche.
Hobbes individua alcuni istinti fondamentali, come quello all’autoconservazione, che spinge gli esseri umani ad agire sempre in vista del proprio utile, anche a discapito degli altri.

Nell’ipotetico stato di natura regna la guerra tutti contro tutti: una situazione di massima libertà ma anche estrema precarietà e insicurezza, in cui è messa a repentaglio la vita degli individui e ognuno ha un diritto illimitato sulle cose e non esita a usare la violenza per ottenerle o difenderle.
L’unica soluzione per uscire da questa miseria è seguire la via della ragione che prescrive alcune leggi naturali. Secondo tali indicazioni gli uomini sacrificano i propri diritti naturali e costituiscono una società politica e civile. A tal fine devono stabilire un patto di unione e un patto di sottomissione.
Lo Stato chiamato anche Leviatano che ne deriva ha un potere assoluto ma anche dei limiti.




martedì 19 febbraio 2019

Cartesio

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Cartesio è nato nel 1596 a La Haye nella Touranie (Francia) e frequenta il celebre collegio dei gesuiti di La Flèche. 

E' un pensatore dalla massima importanza, da molti considerato "il padre della filosofia moderna" per aver messo in discussione il sapere tradizionale, aver spostato il fulcro della ricerca filosofica sul oggetto e sulla sua razionalità e infine di aver scoperto le reali possibilità della ragione umana.

Tra le opere principali di Cartesio ricordiamo le Regole per la giuda dell'intelligenza, il Discorso sul metodo, Diottrica Meteore e Geometria, le Meditazioni sulla filosofia prima, i Principi di Filosofia e Le passioni dell'anima.

Dal dubbio metodico all'intuizione del cogito

La ricerca di Cartesio è basata su un'unica domanda ovvero: "Esiste una certezza indubitabile su cui fondare la conoscenza?".

Per rispondere a questa domanda il filosofo inizia a interrogarsi sul procedimento della conoscenza , rilevando che molto spesso gli uomini incorrono in degli errori per la mancanza di un metodo efficace che li faccia arrivare alla verità. 

Per questo elabora delle leggi che devono orientare l'indagine scientifica:
➥la regola dell'evidenzia- prescrive di accogliere come vero soltanto ciò che è veramente tale;
➥la regola dell'analisi- prescrive di dividere ogni problema nelle sue parti elementari;
➥la regola della sintesi- prescrive di procedere nella conoscenza con ordine, passando dagli oggetti più semplici a quelli più complessi;
➥la regola dell'enumerazione- prescrive di fare sempre  enumerazioni complete e revisioni generali, così da essere sicuri di non omettere nulla.

Il metodo quindi secondo Cartesio è uno strumento essenziale per avanzare speditamente nell'indagine scientifica ma non garantisce la certezza delle nostre conoscenze.
L'autore quindi decide di dubitare su tutto quello che non offre la garanzia dell'evidenzia e mette in dubbio perfino la sua esistenza. Propone l'ipotesi del genio maligno che ci trae in inganno e con quest'ultima il dubbio si estende, diventando dubbio iperbolico, cioè radicale e universale. Esso tuttavia si presenta come un dubbio metodico poiché viene operato come mezzo per raggiungere la verità.
Cartesio trova che proprio il fatto di dubitare di tutto, lo rende una verità inconfutabile: cogito, ergo, sum.

Dio come garante dell'"evidenza"

Dopo la scoperta del cogito, cioè della certezza che esistiamo come pensiero, Cartesio si accinge a valutare le idee, che si distinguono in fattizie, avventizie e innate: tra quest'ultime c'è l'idea di Dio come essere onnipotente e perfetto. Poiché tale idea non può ne derivare da noi, ne dal mondo esterno, si deve concludere che deriva da Dio stesso.

L'esistenza di Dio è anche attestata dalla prova ontologica, secondo cui il concetto dell'essere perfetto include necessariamente l'esistenza.

Il dualismo cartesiano

Il sistema cartesiano è dominato da un profondo dualismo, che contrappone la rex extensas (la materia) alla rex cogitas (il pensiero).
Nell'uomo tale dualismo si esprime nella separazione tra anima, intesa come il complesso delle attività intellettuali coscienti, e il corpo, concepito come una macchina le cui attività sono frutto di leggi meccaniche.